La dinastia del duca Sergio (958-1073) – III parte

di - del 18 Giugno 2014 © diritti riservati
Attacchi saraceni nell'Italia meridionale

Attacchi saraceni nell’Italia meridionale

L’isola di Capri, elevata a vescovado, aveva in S. Costanzo il proprio santo protettore. A lui sono dedicati due frammenti di prediche che ci informano dell’attacco di una flotta saracena al ducato di Amalfi nel 991.

Dopo la sconfitta di Ottone II a Capo Colonna gli Arabi avevano ripreso dalla Sicilia le loro razzie ed erano penetrati profondamente in Calabria ed in Puglia, senza che i Bizantini facessero alcunchè per contrastarli. Nessun aiuto venne prestato anche ad Amalfi e a Napoli quando alcune navi, che facevano parte di una flotta inviata dall’emiro siciliano e dispersa da una tempesta, comparvero nei golfi di Napoli e di Salerno.

Mansone I allora pensò di allontanare il pericolo dalla sua città concedendo ai Saraceni di poter approdare sulla spiaggia di Minori e di Maiori, dove sarebbero stati riforniti di viveri.

Il risultato però fu che essi saccheggiarono le chiese dei dintorni e, nonostante l’invio di regali e di viveri da parte del duca amalfitano, non furono risparmiate nemmeno la regione di Positano e le isole delle Sirene.

Probabilmente sarebbe stata assalita anche la parte settentrionale del ducato di Amalfi se il duca di Napoli alla testa di un esercito non avesse impedito lo sbarco dei pirati. Dopo una scorreria attraverso il golfo di Napoli, i Saraceni si diressero verso Capri, ma prima di potervi sbarcare una tempesta li spinse verso la Lucania.

Neanche negli anni seguenti gli Amalfitani furono al riparo dagli attacchi dei pirati siciliani. Essi dovettero pagare tributi e sopportare perfino che il loro duca e la sua famiglia venissero fatti prigionieri. La vicina Salerno, che doveva parimenti pagare tributi, fu assediata nel 999 a causa del ritardo nel pagamento. Gli attacchi saraceni tuttavia non pregiudicavano seriamente i rapporti commerciali degli Amalfitani con il mondo arabo, dato che i Saraceni di Sicilia agivano di propria iniziativa sotto la dinastia kalbitica. I sovrani dell’Egitto, i Fatimidi, proteggevano infatti le colonie di Amalfitani al Cairo e si affrettarono, dopo il pogrom del 996, a ristabilire con essi buoni rapporti. Contro gli stessi Arabi di Sicilia gli Amalfitani non intrapresero mai una vera e propria offensiva militare, come fecero invece le città marinare dell’Italia del nord, prima fra tutte Pisa che già nel 1005 riportò presso Messina la sua prima vittoria.

A Mansone fu concesso, dopo circa 30 anni di governo, il titolo di anthypatos, grado immediatamente superiore al patriziato. Lo stesso catepano d’Italia, fregiato del titolo di protospatharios, occupava nella gerarchia dei titoli un rango inferiore a quello del duca amalfitano, che tra l’altro era allora l’unico capo di Stato in Italia a portare un titolo aulico bizantino.

Mansone morì nel 1004 o nel 1005. Al contrario di Mastalo I che aveva governato per un periodo di tempo altrettanto lungo, Mansone non dovette affaticarci verso la fine della sua vita per assicurare la successione al ducato nell’ambito della sua famiglia, dato che anche suo figlio e coreggente Giovanni I aveva dei figli, uno dei quali, che portava il nome del fondatore della dinastia Sergio, mentre ancora viveva il nonno, potè essere elevato a secondo coreggente.
(continua)

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