I riti della Settimana Santa ad Amalfi: uno sguardo al passato

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Il 16 novembre 1955 la Sacra Congregazione dei Riti emanò il Decreto Generale per la riforma dell’Ordo liturgico della Settimana Santa che entrò in vigore dalla Domenica delle Palme del 1956.
Furono modificati i riti e spostate alle ore serali le funzioni del triduo pasquale riportandole all’orario delle origini. Come spiegava lo stesso decreto, agli inizi dell’era cristiana questi riti si svolgevano negli stessi giorni ed ore dei misteri in essi ricordati. L’istituzione dell’Eucarestia era commemorata il Giovedì sera; nel pomeriggio del Venerdì la Passione e Morte del Signore; la sera
del sabato iniziava la solenne veglia che si concludeva il giorno seguente nella gioia della Risurrezione. Nel medioevo per diverse cause si cominciò ad anticipare l’ora delle funzioni liturgiche in modo che alla fine dello stesso medioevo vennero ad essere spostate tutte al mattino con evidente contrasto tra racconto dei Vangeli e commemorazioni liturgiche. In particolare il Sabato Santo con la Gloria anticipata aveva perso il suo carattere di lutto a ricordo della sepoltura di Gesù e nella stessa veglia diurna si era perso il significato delle formule e dei simboli. In seguito il problema si era reso ancora più grave in quanto mentre Giovedì, Venerdì e Sabato Santo per molti secoli furono elencati tra i giorni festivi, nel corso del Seicento a causa delle mutate condizioni di vita sociale i Papi furono indotti a diminuire il numero dei giorni festivi. Così Urbano VIII nel 1642 si vide costretto a ridurre a giorni feriali anche il triduo sacro della Settimana Santa. Ne derivò una diminuzione di frequenza dei fedeli per cui le funzioni spesso erano celebrate dal clero in chiese quasi deserte. Pertanto già nel 1951 Papa Pio XII in via sperimentale aveva ripristinato la veglia pasquale notturna. In considerazione dell’ottimo successo  e del favorevole accoglimento delle messe vespertine, introdotte nel 1953, la Santa sede riformò l’Ordo di tutta la settimana Santa.
Vediamo in qualche aspetto come si svolgevano ad Amalfi le sacre funzioni secondo il vecchio rito e cosa è accaduto dopo la riforma.

Quarantore 1963

La Domenica delle Palme gli ulivi erano benedetti direttamente in Cattedrale dall’Arcivescovo. Della funzione esiste un interessante dipinto di Charles Cundall della prima metà del Novecento. (clicca qui)
Il clero in processione si recava  fuori l’atrio dove con la punta della croce veniva dato un colpo alla porta che poi veniva aperta. Come disse Benedetto XVI era una bella immagine per il mistero dello stesso Gesù Cristo che, con il legno della sua croce, con la forza del suo amore che si dona, ha bussato dal lato del mondo alla porta di Dio; dal lato di un mondo che non riusciva a trovare accesso presso Dio. Con la croce Gesù ha spalancato la porta di Dio, la porta tra Dio e gli uomini. (Omelia Domenica delle Palme 2007). Questo rito venne eliminato con la riforma. Si consigliò la benedizione in altra chiesa, se ciò poteva avvenire comodamente, quindi procedere alla chiesa principale per la Messa. In attuazione di questo disposto nel 1956 la benedizione delle Palme si svolse a San Benedetto ma si dovette entrare in duomo per la portella a causa della pioggia, come scrive mons. Vissicchio nei suoi diari. L’anno seguente la Santa Sede permise la benedizione delle Palme anche all’aperto. Fu scelta Piazza Municipio, ancora oggi sede del rito. Nel corso degli anni Settanta in diverse occasioni l’evento si tenne in piazza Duomo.

Come in molte chiese italiane anche in Cattedrale sino al Mercoledì Santo si svolgevano le Quarantore, una consuetudine cessata negli anni Ottanta. Nel ‘600 tale pia pratica aveva luogo in cripta dove era custodito il Santissimo all’altare centrale. Infatti solo con il rifacimento barocco agli inizi del ‘700 fu creata la cappella del Santissimo al transetto sinistro della Basilica superiore.

Repositorio

 Il Giovedì Santo mattina si svolgeva la Messa in Coena Domini, di solito celebrata da una dignità del Capitolo con assistenza dell’Arcivescovo. Il celebrante consacrava due ostie, una per la comunione in quel giorno, l’altra per la comunione il Venerdì Santo. Poco prima della dossologia (Per Cristo, con Cristo e in Cristo…) l’Arcivescovo benediceva gli oli santi. Dopo riprendeva la Messa. L’ostia consacrata per il giorno seguente era messa in un calice coperto con palla,  patena rovesciata e velo e portata in processione all’altare della reposizione cioè al “sepolcro” dove era collocato non nel tabernacolo ma in un apposito repositorio ancora conservato in duomo. Per antica tradizione, già documentata nel 1700 e ancora praticata nella prima metà del Novecento, era utilizzato per il sepolcro il  calice più antico del duomo, di epoca medievale, oggi esposto nel museo. clicca qui

Dopo la reposizione seguiva la denudazione degli altari e al termine la lavanda dei piedi. Gli apostoli erano rappresentati da dodici poveri del paese che ricevevano in dono un tortano di pane.

Dopo la riforma, la Messa Crismale è stata celebrata al Giovedì mattina sino al 1987 quando è stata anticipata alla sera del Mercoledì Santo per favorire la partecipazione dei fedeli.

La Messa in Coena Domini del giovedì sera apre il Triduo Pasquale. Nel 1982 per la lavanda dei piedi gli apostoli furono rappresentati da dodici ragazzi della prima Comunione. In quell’anno il rito fu presieduto da mons. Ferdinando Palatucci da poco entrato in Diocesi. Dal 1995 gli apostoli sono scelti tra i genitori dei ragazzi di prima comunione. Così don Andrea Colavolpe commentò l’iniziativa sulle pagine delle Voce del Pastore: Con la scelta dei dodici papà si è voluto mettere in luce il servizio che ogni papà rende in una famiglia, soprattutto in quella che sarà visitata da un evento così importante: la prima Comunione di un proprio membro. Servizio di partecipazione, di testimonianza, di attesa stupita.

Del Venerdì Santo ci siamo già occupati in due occasioni (clicca qui e qui). Aggiungo che il Passio così come nella Domenica delle Palme era cantato da tre canonici, un impegno che non tutti i sacerdoti erano in grado di affrontare, come riferisce don Gabriele Vissicchio.

Il Sabato Santo è il giorno della Veglia Pasquale. Sino al 1950 dopo la benedizione del fuoco nuovo e dei grani di incenso non si accendeva il cero pasquale ma un’asta con tre candele alla sommità chiamata arundine. Durante la processione per recarsi al presbiterio, per tre volte ad ogni candela accesa il diacono intonava Lumen Christi con tono sempre più alto. Quindi indossando paramenti bianchi cantava l’Exultet  durante il quale in tre momenti diversi  incideva il cero dei grani di incenso, lo accendeva con una delle candele dell’arundine e si accendevano le luci. Seguiva il canto delle dodici Profezie, cioè brani dell’Antico Testamento, la benedizione del fonte battesimale, dell’acqua e il canto delle litanie. Iniziava a questo punto la Messa vera e propria. I  Ministri si recavano in sagrestia e indossavano anche loro paramenti bianchi. Ritornati al presbiterio si toglieva il drappo  che copriva l’altare maggiore ed appariva la statua di Cristo risorto che campeggiava al centro del parato d’argento; si accendevano le candele. Mentre si cantava il Kyrie il celebrante all’altare recitava il Salmo 42, il Confiteor e lo incensava. Al termine del Kyrie finalmente intonava solennemente il Gloria e si suonavano le campane. La funzione iniziava alle 9 del mattino e durava circa tre ore. La Gloria suonava poco dopo le 11. Come già accennato sopra, fu proprio la Veglia Pasquale la prima funzione della Settimana Santa ad essere riformata in via sperimentale nel 1951. Oltre a modifiche del rito si previde l’inizio della Messa a mezzanotte, come a Natale. Per dare attuazione alle direttive pontificie l’inizio della celebrazione in Cattedrale nei primi anni fu alle ore 22 e si concludeva dopo l’una di notte. La riforma dell’Ordo del 1955 concesse la possibilità ai Vescovi di anticipare la celebrazione con inizio sempre dopo il tramonto. Ciò avvenne anche ad Amalfi. Infatti dalle 22.30 del 1956 il rito gli anni seguenti fu anticipato alle ore 19.00 sino agli inizi degli anni Sessanta.

Il giorno di Pasqua al mattino era celebrato il Pontificale alle 10 ora solita della Messa conventuale. A sera si celebravano i Vespri con esposizione di Gesù sacramentato, la benedizione eucaristica ed esposizione della statua di S. Andrea che come sempre è riposto il lunedì dell’Angelo.

 

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Info Antonio Amatruda