I primati di Amalfi – La Bussola
Prima dedit nautis usum magnetis Amalphis.
Questo verso di Antonio Beccadelli detto “il Panormita” costituisce la prima attestazione letteraria circa l’invenzione e la diffusione della bussola nautica da parte degli Amalfitani medievali. Al celebre umanista fecero eco Giovanni Pontano, Flavio Biondo ed altri coevi scrittori italiani. Nel contempo ai navigatori amalfitani veniva attribuita pure l’ideazione della vela triangolare latina, grazie alla quale era possibile sfruttare anche il vento contrario nella navigazione.
La complessa vicenda della storia della bussola e, più in generale, dell’evoluzione degli strumenti di orientamento magnetico è stata studiata nel passato da vari storici, ma i contributi pervenuti dalle ultime ricerche offrono un quadro di comprensione alquanto esaustivo. I risultati di queste attente ricerche rivalutano il contributo della marineria amalfitana per quanto riguarda la realizzazione di tali fondamentali congegni. L’analisi storico-scientifica in proposito mostra chiaramente che gli influssi della cultura araba dovettero essere determinanti per la costruzione di un bagaglio di nozioni e di conoscenze applicate, da un popolo molto pratico quale era quello amalfitano nel Medioevo, nella realizzazione di strumenti utili al miglioramento dei traffici marittimi mediterranei. Così il mondo arabo fornì agli Amalfitani le cognizioni matematico-astronomiche mutuate dalla civiltà ellenistica ed ampliate dalle proprie scoperte, conoscenze basilari per l’ideazione dei meccanismi migliorativi nel campo dell’orientamento marinaro.
Lorenzo d’Amalfi, il secondo arcivescovo della città marinara, indiretto discepolo di Gerbert d’Aurillac e profondo conoscitore di matematica e di astronomia, nonché esperto di arti magiche e di automazione, aveva guadagnato, grazie alle sue qualità, una fama europea nella prima parte dell’XI secolo. Altri suoi concittadini dovettero recepire i suoi insegnamenti e seguire le sue orme. Le conoscenze sulle proprietà magnetiche della materia erano presenti nel bacino mediterraneo già nell’età ellenistica. Quindi gli Amalfitani, frequentatori assidui di tutti i porti del Mediterraneo, dovevano di certo essere in possesso di quegli elementi di base per poter gradualmente ideare e perfezionare strumenti adatti alla ricerca dell’orientamento anche quando il cielo era nuvoloso e non era possibile individuare le stelle. D’altronde alla fine dell’XI secolo Guglielmo di Puglia celebra gli Amalfitani come abili naviganti, esperti nel segnalare le vie del mare e del cielo.
Le notizie certe sull’esistenza e l’applicazione in mare dei primi rudimentali strumenti di orientamento magnetico risalgono alla fine del XII secolo: tali informazioni provengono tutte dall’area francese, un’area particolarmente attiva negli studi scientifici sin dai tempi dei papi-monaci del X secolo. Questi primitivi strumenti erano sostanzialmente costituiti da vasi colmi d’acqua, sulla quale galleggiava una cannuccia (calamus) che sosteneva un ago di ferro magnetizzato, il quale segnava sempre la direzione settentrionale. Questi congegni furono poi perfezionati , mediante l’uso diretto del magnete (ricavato dai giacimenti di magnetite della Scandinavia), posto in una scodella di legno o incollato tra due cassule, comunque sempre galleggianti in un vaso d’acqua. Questi strumenti potevano funzionare solo quando il mare era calmo; infatti, in caso di mare agitato, la forza meccanica delle onde avrebbe facilmente vinto la forza magnetica, per cui l’ago o il magnete avrebbero finito per girare a vuoto nel vaso.
Una nuova invenzione avvenne nella prima parte del XIII secolo, come conferma il meccanico francese Pietro Peregrino de Maricourt, il quale la vide e la descrisse nel 1269, quando partecipava all’assedio angioino di Lucera. Si tratta di un congegno diverso da quelli precedenti, composto da una scatola di vetro divisa sul coperchio in 360°, con un perno di bronzo reggente un ago magnetico ed un altro, ad esso ortogonale, d’argento. Questo nuovo strumento, che abbiamo denominato pixidis nautica, era a secco e, pertanto, poteva tranquillamente funzionare anche in presenza di mare mosso; inoltre con lo stesso era possibile misurare l’azimuth del sole, della luna e delle stelle.
E’ stato di recente provato che la pixidis nautica doveva essere un prodotto del genio marinaro amalfitano, ideato, come vuole la tradizione, da Giovanni, e non Flavio, Gioia, il cui cognome, presente a Ravello e ad Atrani nel XVI secolo, richiama fortemente la Puglia, terra dove fu notato lo strumento dal Peregrino e le cui attività marinare e fiscali erano, in età sveva, sotto il completo controllo dei Ravellesi. Che gli Amalfitani usassero quel congegno già in quel tempo viene indirettamente provato dalla navigazione effettuata in pieno inverno da una loro nave mercantile nel 1259.
La marineria di Positano in seguito perfezionò tale strumento, sostituendo alla scatola di vetro una di bosso ed applicando, solidale all’ago, la rosa dei venti. Il nuovo strumento prese il nome di bussola e fu inserito dai Positanesi nella bandiera della loro flotta, che era, d’altronde, quella del Ducato di Amalfi. Fatta togliere con regio decreto da re Roberto d’Angiò, la bussola passò in seguito nello stemma di Amalfi e, quindi, in quello del Principato Citra (oggi Provincia di Salerno): essa è raffigurata in un campo troncato di bianco e di nero (colori che indicavano il dì e la notte) circondata da otto ali bianche, rappresentanti gli otto venti principali della rosa.
Una rosa composta di dodici venti, indicati da altrettanti angeli che soffiano a cerchio sul sole e la luna umanizzati ed un’altra raffigurante le quattro stagioni e gli elementi naturali sono custoditi nel Codice Beda 3 della Badia di Cava, risalente alla metà dell’XI secolo: significativa può essere a tal proposito la notizia coeva della gestione delle navi dell’abbazia da parte di capitani, piloti e marinai atranesi.
I nomi dei venti della rosa tradiscono, inoltre, una sua invenzione amalfitana: infatti Tramontana deriva proprio da Tramonti, terra amalfitana situata a settentrione di Amalfi; mentre gli altri indicati nella rosa spirano secondo direzioni che convergono sulla sua costa (Libeccio dalla Libia, Scirocco dalla Siria, Grecale dalla Grecia).
Grazie alla bussola furono prodotte, infine, le prime “carte da navigare”, mediante le quali migliorarono sensibilmente le conoscenze geografiche e furono aperte all’uomo europeo le vie dell’oceano e le scoperte di nuovi mondi.
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