Il cristiano “fermo” non è “vero cristiano”

di - del 26 Luglio 2017 © diritti riservati

L’ennesimo invito del sommo Pontefice a non rimanere statici, a non “installarsi troppo” a “fidarsi di Dio” e seguirlo. Prendendo spunto dalla Prima Lettura, tratta dalla Genesi, Papa Francesco riflette sulla figura di Abramo in cui, spiega, “c’è lo stile della vita cristiana, lo stile di noi come popolo”, basato su tre dimensioni: lo “spogliamento”, la “promessa” e la “benedizione”. Il Signore, ricorda il Pontefice, esorta Abramo ad andarsene dal suo paese, dalla sua patria, dalla casa di suo padre: “Essere cristiano porta sempre questa dimensione di spogliamento che trova la sua pienezza nello spogliamento di Gesù nella Croce. Sempre c’è un ‘vattene’, ‘lascia’, per dare il primo passo: ‘Lascia e vattene dalla tua terra, dalla tua parentela, dalla casa di tuo padre’. Se facciamo un po’ di memoria vedremo che nei Vangeli la vocazione dei discepoli è un ‘vattene’, ‘lascia’ e ‘vieni’. Anche nei profeti, no? Pensiamo a Eliseo, lavorando la terra: ‘Lascia e vieni’ – ‘Ma almeno permettimi di salutare i genitori’ – ‘Ma, va e torna’. ‘Lascia e vieni’”.
I cristiani, aggiunge il Papa, devono avere la “capacità” di essere spogliati, altrimenti non sono “cristiani autentici”, come non lo sono coloro che non si lasciano “spogliare e crocifiggere con Gesù”. Abramo “per fede obbedì”, partendo per una terra da “ricevere in eredità”, ma senza sapere una precisa destinazione:
Il cristiano non ha oroscopo per vedere il futuro; non va dalla negromante che ha la sfera di cristallo, vuole che gli legga la mano… No, no. Non sa dove va. Va guidato. E questo è come una prima dimensione della nostra vita cristiana: lo spogliamento. Ma, lo spogliamento perché? Per una ascesi ferma? No, no! Per andare verso una promessa. E questa è la seconda. Noi siamo uomini e donne che camminiamo verso una promessa, verso un incontro, verso qualcosa – una terra, dice ad Abramo – che dobbiamo ricevere in eredità”.
Eppure, evidenzia Papa Francesco, Abramo non edifica una casa, ma “pianta una tenda”, a indicare che “è in cammino e si fida di Dio”, quindi costruisce un altare “per adorare il Signore”. Poi, “continua a camminare”, è “sempre in cammino”.

“Il cammino incomincia tutti i giorni al mattino; il cammino di affidarsi al Signore, il cammino aperto alle sorprese del Signore, tante volte non buone, tante volte brutte – pensiamo ad una malattia, ad una morte – ma aperto, perché io so che Tu mi porterai ad un posto sicuro, ad una terra che Tu hai preparato per me: cioè, l’uomo in cammino, l’uomo che vive in una tenda, una tenda spirituale. L’anima nostra, quando si sistema troppo, si installa troppo, perde questa dimensione di andare verso la promessa e invece di camminare verso la promessa, porta la promessa e possiede la promessa. E questo non va, non è propriamente cristiano”.
In “questo seme dell’inizio della nostra famiglia” cristiana, sottolinea il Pontefice, c’è un’altra caratteristica, quella della benedizione: cioè il cristiano è un uomo, una donna che “benedice”: cioè “dice bene di Dio e dice bene degli altri” e che “si fa benedire da Dio e dagli altri” per andare avanti. Questo è lo schema della “nostra vita cristiana”, perché tutti, “anche” i laici, dobbiamo “benedire gli altri, dire bene degli altri e dire bene a Dio degli altri”.  Purtroppo aggiunge il Pontefice, spesso siamo abituati “a non dire bene” del prossimo, quando “la lingua si muove un po’ come vuole”,piuttosto che seguire il comandamento che Dio affida al “nostro padre” Abramo, come “sintesi della vita”: quello a camminare, lasciandosi “spogliare” dal Signore, fidandosi delle sue promesse, per essere irreprensibili.

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