Suor Maria Celeste Crostarosa: Amore-passione per Gesù Cristo
Un’aquila innamorata del suo Sole: alla scoperta di suor Maria Celeste Crostarosa
di Giuseppina Severino
Suor Maria Celeste Crostarosa sale agli altari.
Il 18 giugno prossimo, a Foggia, città che custodisce le spoglie mortali della Venerabile Madre, avrà luogo la cerimonia di beatificazione. A compimento di un iter processuale apostolico avviato con decreto dell’11 agosto 1901 da papa Leone XIII, il 15 dicembre scorso Papa Francesco ha riconosciuto ‹‹il miracolo operato per intercessione della Venerabile›› ed ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il relativo decreto di beatificazione. Per tutta la Chiesa ed in particolare per la Chiesa di Amalfi – Cava dei Tirreni, che a Scala accoglie il Protomonastero delle Redentoriste, è un momento di grande festa, che si inquadra armonicamente nell’anno giubilare della Misericordia.
Il suono corale delle campane ha già simbolicamente invitato il clero, i fedeli, gli uomini e le donne di buona volontà a conoscere ed imitare l’esempio di suor Maria Celeste ed a lodare Iddio per averla inserita nel brillante firmamento dei santi e dei beati della Costiera Amalfitana.
Chi era suor Maria Celeste Crostarosa?
Per la profondità dei suoi scritti e per il suo operato suor Maria Celeste Crostarosa è considerata una delle più grandi mistiche del Settecento italiano.
Non a caso, nell’Invito al Lettore, contenuto nelle Canzoncine crostarosiane, suor Angelica del Paradiso scrive:
‹‹ Avete a considerare, o mio lettore, le maraviglie grande operata dal Signore verso questa gran serva di Dio, in questo mondo non già pare a creatura, ma una serafina in carne. […] abbitava in terra, ma la sua vita era tutta celesta, che siccome attestano le sue canzongine spirituale fatte dalle sua proprie mani che era la sua anima trasformata in Dio e volava là su nel cielo come una pura colomba tant’era l’unione col suo Dio. Vedete dunque, o mio lettore, quanto il Signore si compiace con l’anime a llui care, ma il magior stupore è che abbia operate cose sì grandi nel sesso più debole e dilicato qual è il sesso feminile, […]››.
Chi sono i mistici? Mistico è ‹‹colui che tenta continuamente di dire ciò che non può essere detto per rendere manifesto ciò che rimane nascosto nell’uso quotidiano››. Se riflettiamo sull’etimologia della parola mistico, notiamo che essa è imparentata con la parola mystérion. L’una e l’altra risalgono alla radice greca myo, che significa letteralmente ‹‹chiudere gli occhi e la bocca››. I mistici si consegnano ‹‹a ciò che è chiuso e così facendo lo aprono, lo dischiudono››. Del resto anche a noi profani appare chiaro che è impossibile descrivere a parole, integralmente e razionalmente, l’esperienza che una persona fa di Dio, che diventa vita quotidiana e per questo si trasforma in Mistero ineffabile.
Madre Maria Celeste ha affidato la sua esperienza di Dio a quattordici opere, nelle quali si snodano ‹‹tutte le tappe del cammino spirituale dell’anima, dalla chiamata all’intimità divina fino al culmine dell’unione con Dio, passando per la purificazione interiore e il dono della contemplazione››. Esse sono un prezioso documento del suo itinerario spirituale.
Tra i suoi scritti più autorevoli per dottrina ed interesse storico spiccano: l’Autobiografia, i Trattenimenti, i Gradi di orazione, le Regole, il Giardinetto. Nella collana di Testi e Studi Crostarosiani sono sinora stati pubblicati in pregevole edizione critica le Lettere, l’ Autobiografia, i Gradi di orazione, le Meditazioni per l’Avvento, le Canzoncine e il recentissimo Esercizio di amore. Sopra il Vangelo di Matteo.
Quali furono i modelli dai quali la Venerabile Madre ricevette spunti per la sua spiritualità?
Nella sua Autobiografia suor Celeste dichiara di non aver ricevuto una solida cultura letteraria e confessa esplicitamente che ‹‹se bene avea imparato a leggere, no sapeva scrivere, né mai avea imparato››. Cominciò a farlo ‹‹fidata al Signore […] senza maestro alcuno››. Venne spinta a scrivere dal suo padre confessore, che ‹‹le impose di scrivere sui fatti del suo spirito allo scopo di passarli ad accurato esame››.
Le radici della sua formazione sono da ricercarsi nell’infanzia e nella giovinezza. Il periodo napoletano costituisce infatti la base della sua esperienza mistica.
Suor Maria Celeste era nata proprio a Napoli il 31 ottobre 1696 con il nome di Giulia Marcella Crostarosa. Discendeva da nobile famiglia di abruzzesi. Trascorse l’infanzia e l’adolescenza nella serenità della sua casa, immersa in una profonda vita spirituale. Nel monastero Teresiano di Marigliano, nella primavera del 1718, ebbe inizio il suo percorso di monacazione. Nell’autunno del 1723 il Carmelo di Marigliano venne soppresso e Suor. Celeste, dopo un periodo trascorso presso la famiglia a Portici nei pressi di Napoli, si trasferì a Scala il 27 gennaio 1724.
Come aveva potuto apprendere a Napoli? Il quadro della religiosità del Settecento napoletano era composito. Accanto agli ordini religiosi tradizionali vi erano a Napoli congregazioni di sacerdoti che si dedicavano all’evangelizzazione sia della capitale che del Regno attraverso le missioni e gli esercizi spiritual i di catechesi.
Gli spunti ricavati dalle vite dei Santi, soprattutto dalle agiografie diffuse nel periodo tridentino, – la Madre, all’età di cinque o sei anni, ‹‹udiva con gusto e piacere le vite di quei Santi che avevano amato assai Dio, e li pigliava per suoi avocati›› (Autobiografia), in particolare quella di S. Caterina da Siena, S. Teresa d’Avila, S. Giovanni della Croce e di Serafina da Capri, – l’ascolto della predicazione nelle frequenti occasioni di tridui, novene e ore di adorazione, ma anche la lettura dei libri devozionali e dei manuali di pietà nella forma dei messalini sono i riferimenti basilari della sua formazione.
Un’ulteriore svolta significativa venne dall’esperienza di vita maturata a Scala.
A Scala vi era il Conservatorio della SS. Concezione, nel quale vigevano le Regole visitandine secondo le Costituzioni di S. Francesco di Sales. Il Conservatorio non apparteneva però giuridicamente all’Ordine, poiché dalla sua fondazione non vi era mai andata alcuna figlia di S. Giovanna Francesca de Chantal a portare lo spirito salesiano così come voleva la Regola. “Giulia” cambiò il nome da suor Candida, portato da carmelitana, in suor M. Celeste del S. Deserto.
Il 25 aprile del 1725 suor Celeste, ancora novizia, ebbe la Rivelazione dell’opera che il Signore voleva compiere per suo mezzo: “Si fece nell’anima sua una trasformazione dell’essere suo in quello di Gesù Cristo […] e le fu dato ad intendere un nuovo istituto che il Signore avrebbe posto nel mondo per mezzo suo e che tutte le regole erano contenute nella sua vita che era come un libro aperto delle perfezioni divine. E così le restò impresso nell’anima e nel cuore” (dall’Autobiografia).
Nel 1730 avvenne l’incontro decisivo con S. Alfonso Maria dei Liguori, che si era recato a Scala, a S. Maria de’ Monti, per riprendere le forze a seguito dell’intenso lavoro di apostolato svolto a Napoli. Alla mente santa di S. Alfonso si manifestò chiara la realtà delle rivelazioni di suor Maria Celeste. Ottenuta dal Vescovo piena facoltà di agire, dopo burrascose vicende, il 13 maggio 1731 fu adottata la nuova Regola in sostituzione di quella salesiana. Il 6 agosto, tutte le suore vestirono la tonaca rossa e il mantello azzurro, prendendo il nome di Religiose del SS. Salvatore.
Costituito l’Ordine femminile del SS. Salvatore, il 3 ottobre di quello stesso anno 1731, “il Signore disse alla religiosa: quest’anima (scilicet: di S. Alfonso presente nella visione) è eletta per Capo di questo mio Istituto, egli sarà il primo superiore della Congregazione degli uomini. E la religiosa vide in Dio quest’Opera come già fatta ed effettuata”. Suor Celeste riferì a S. Alfonso questa nuova volontà di Dio e S. Alfonso, persuaso della realtà delle sue visioni e confermato dalla voce del suo Direttore e da altri illuminati maestri di spirito da lui interrogati, il 9 novembre 1732, a Scala, diede inizio al ramo maschile dell’Istituto. Fino all’approvazione pontificia nel 1749, le Redentoriste e i Redentoristi non si chiamarono così, ma Monache del SS. Salvatore e Preti missionari del SS. Salvatore per non confondersi con altre realtà religiose già esistenti.
Suor Celeste sarà costretta a lasciare il monastero di Scala nel 1733.
Attraverso varie peregrinazioni, da Piedimonte a Pareti, giungerà a stabilirsi a Foggia, dando vita al Conservatorio del SS. Salvatore , dove si distinse per l’aiuto che forniva ai bisognosi e per i suoi metodi educativi, al punto che il popolo di Foggia la definì “la Santa Priora”. A Foggia morì il 14 settembre 1755, giorno dell’Esaltazione della Santa Croce, la festività principale dell’ordine Redentorista. Il giorno stesso della morte, a Materdomini, il suo amico, San Gerardo, a letto gravemente ammalato, disse ad un confratello: «Ho visto l’anima della Madre Maria Celeste volarsene al cielo come una colomba per ricevervi la ricompensa meritata per il suo grande amore a Gesù e a Maria».
Da Scala, l’Ordine delle Redentoriste si è progressivamente irradiato nei cinque continenti, continuando nei secoli ad essere intensamente impegnato a vivere in pienezza e semplicità il Vangelo di Cristo.
Quali sono i temi dominanti della spiritualità crostarosiana?
Domina nella spiritualità crostarosiana il tema dell’Amore-passione per Gesù Cristo. Nell’esistenza della Crostarosa Dio-Amore è il protagonista, la guida e il cammino stesso verso la perfezione umana e spirituale. Come ha scritto Papa Giovanni Paolo II: “ La proposta spirituale della Crostarosa è profondamente cristiana. Si articola intorno al mistero del Verbo incarnato che lo Spirito attualizza incessantemente in noi, mutando la nostra vita nella sua”. Ella ripete molte volte che l’anima che segue Gesù sente la sicurezza assoluta di essere amata e lo sa «per esperienza, non solo per la fede» (Giardinetto, 16 maggio). Questo tema è ricorrente nella mistica cristiana. Il fondamento si coglie nell’espressione di san Giovanni: «Dio è Amore: chi sta nell’ amore dimora in Dio, e Dio dimora in lui», dunque la cristologia giovannea, ma anche paolina. L’esercizio di amore è una formula che appare ripetutamente in tutti gli scritti di suor Maria Celeste e richiama alla memoria il versetto di san Giovanni della Croce: «Soltanto l’amare è il mio esercizio» (Cantico spirituale, canto 19).
La forte impronta cristocentrica è centrale nella spiritualità crostarosiana come in quella alfonsiana. Per Madre Celeste l’umanità del Cristo è il cristallo luminosissimo che irradia la verità di amore di Dio; per sant’Alfonso è soprattutto il nulla (chénosi) misericordioso di Dio per affrancarci dalla debolezza e dalla povertà.
Accanto al tema dell’Anima che dialoga con Dio Amore, altro tema ricorrente è quello della sposa di Cristo che a Lui anela. ‹‹La Crostarosa canta soprattutto il Cristo, nel mistero della sua nascita e della sua passione, morte e in quanto sposo dell’anima, che unisce in sé a Dio, comunicandole il suo cuore e la sua vita, la necessità di seguirlo e l’amore santo e puro. (S. Majorano)›› . L’immagine dello sposo e della sposa è spesso tratta dal Cantico dei Cantici, il testo biblico che, come ha scritto don Bruno Forte, si può comprendere pienamente ‹‹solo se si è inquietati dall’amore, feriti da esso, attratti, animati o motivati dall’esperienza di amare.››.
Altri temi tipici della spiritualità crostarosiana riguardano il mistero della Nascita di Cristo, della Sua Passione e morte, dell’Eucarestia. Tutti discendono dal tema dell’Amore. La Passione di Cristo è importante e ad essa suor Maria Celeste dedica un libro, Esercizio di amore per la quaresima, commentando il Vangelo di san Giovanni. Il valore redentivo della Passione per la Madre non risiede principalmente nella sofferenza e nel sangue versato, bensì nell’amore e nell’obbedienza al Padre. Per Madre Celeste il Cristo è Redentore in quanto ci ridona lo Spirito e così ci riporta nella comunione con il Padre, persa a causa del peccato, in una visione della redenzione chiaramente trinitaria. Predomina lo stupore ammirato della Trinità in una dimensione contemplativa, che ben si accosta e, per così dire, si completa con la dimensione missionaria tipica della visione di S. Alfonso.
Sia Madre Celeste che Sant’Alfonso elaborano, nella loro specificità, come ha scritto padre Sabatino Majorano, una “visione antropologica carica di fiducia nella persona e nella sua coscienza”. Entrambi sono una testimonianza forte della dignità della coscienza; la Crostarosa sottolinea il suo ascolto e la proposta franca, S. Alfonso la fatica dell’attuazione nella complessità delle situazioni.
Altro punto di convergenza tra Alfonso e Celeste è la maniera in cui progettano la loro comunità. Nella visione dominante nel Settecento, la comunità religiosa era prima di tutto per coloro che la componevano all’interno, per metterli al sicuro dai pericoli del mondo e per permettere loro un cammino più sicuro. Celeste e Alfonso invece sostengono che la comunità è per gli altri, per la Chiesa. La prima struttura la sua comunità come viva memoria dell’amore di Dio in Cristo per tutti gli uomini; il secondo come continuata missione tra e per gli abbandonati. La visione della vita religiosa come “viva memoria” determina in Madre Celeste la struttura della sua comunità, in cui tutto deve tendere a “ricordare” l’amore del Cristo. Basti pensare al colore rosso sangue dell’abito delle suore scelto per far memoria dell’amore del Cristo fino al dono della sua vita, oppure al numero delle regole fondamentali: sono nove per “ricordare” i nove mesi della gestazione di Cristo nel grembo di Maria, perché la vita spirituale è far rinascere Cristo in noi.
Pur provenendo dalla nobiltà, suor Maria Celeste e S. Alfonso si aprirono entrambi al popolo. Alfonso scelse gli abbandonati. La Crostarosa aprì la sua comunità alle ragazze che non avevano un reddito sufficiente per essere ammesse in un monastero e sottolineò la funzione educativa della sua fondazione, portando la pietà popolare nel cuore della mistica attraverso le Canzoncine, i Trattenimenti e i Gradi di orazione.
Celeste e Alfonso s’incontrarono anche nel sottolineare la dimensione mariana della vita cristiana. Madre Celeste, nelle sue Meditazioni, non si stanca mai di approfondire il mistero materno di Maria. A noi tutti è nota, per averla letta e udita nei suoi canti, la visione della Mater misericordiae di S. Alfonso.
La vita e gli scritti della Crostarosa lasciano dunque ampio spazio ad un’attualizzazione della sua figura e del suo pensiero. Suor Maria Celeste offre alla Chiesa un’esperienza speciale di intimità e di comprensione del mistero di Cristo, ma anche l’esempio del coraggio della tenacia di aver seguito Gesù nella via della sofferenza con umiltà. ‹‹Mi disse il Signore – scriveva la Crostarosa a S. Alfonso nel 1730 – che un umile “non essere” è la vita dell’essere e due moti dovevano partire da me per piacerGli: fama di glorificarlo in ogni spirito e in ogni tempo e rinunzia di tutto quello che non è purità del suo amore››.
Nell’anno della Misericordia l’attualità della spiritualità crostarosiana, da questa prospettiva, è facilmente intuibile.
Già papa Giovanni Paolo II aveva invitato gli Istituti “a riproporre con coraggio l’intraprendenza, l’inventiva e la santità dei fondatori e delle fondatrici come risposta ai segni dei tempi emergenti nel mondo di oggi.”. Non si tratterà certo di ripetere rigidamente la storia, ma di recuperarne la memoria per essere pronti a rispondere, con il linguaggio universale della santità, alle urgenze attuali.
Madre Celeste è un patrimonio spirituale e culturale della nostra storia della Chiesa locale, della nostra Chiesa. Occorre valorizzarlo, perché ‹‹i mistici sono i canali per cui un po’ di conoscenza della realtà filtra entro il nostro universo umano d’ignoranza e d’illusione. Un mondo totalmente antimistico sarebbe un mondo totalmente cieco ed insano.›› (A. Huxley).
E qui mi fermo, concordando con quanto ha scritto nella Prefazione al manoscritto foggiano delle Canzoncine suor Angelica del Paradiso: “Resto dunque per non volere più prolungare perché avrei molto che dire, ma per non recarvi tedio do fine, ma se volete più distintamente sapere la vita di questa gran serva di Dio leggete (gli scritti della Crostarosa), che troverete appieno la sua santità”.
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