Ercolano Marini, l’Arcivescovo benefattore amato dalla gente

di - del 19 Marzo 2014 © diritti riservati

Ercolano Marini AmalfiNella cattedrale di Amalfi, in cima alla scala che porta alla cripta, riposano le spoglie di Monsignor Ercolano Marini, arcivescovo di Amalfi dal 1915 al 1945. Il presule morì a Roma, nell’Istituto della Fraternità Sacerdotale, il 16 novembre del 1950. Le cronache riferiscono che la salma, portata ad Amalfi tre giorni dopo, fu accolta trionfalmente da due ali di popolo. Era nato a Matelica il 19 novembre del 1866.

Questi i dati essenziali del suo percorso di vita e di ministero: studi nel seminario di Fabriano, ordinazione sacerdotale il 21 settembre del 1889, quindi laurea in teologia a Bologna, accompagnata dalla fama di oratore dotto e facondo. Il 27 marzo del 1892 prese possesso della parrocchia di Tonicoli e, dopo appena due anni, entrò a far pare del capitolo della cattedrale di Matelica. Il 7 settembre del 1899 divenne priore della cattedrale di Terni.
Il 13 gennaio del 1901 l’arcivescovo di Spoleto, Mons. Serafini, lo volle come vicario generale. Aveva trentotto anni quando, il 29 giugno del 1904, ottenne la nomina a Vescovo titolare di Archelaide in Palestina. Rimase a Spoleto fino all’11 dicembre del 1905, data del suo trasferimento a Norcia.

Monsignor Ercolano Marini Amalfi

Ad Amalfi fece ingresso solenne il 3 ottobre del 1915, rimanendovi per trent’anni. Qui visse l’esperienza drammatica di due guerre e di gravi calamità naturali. Al termine del primo conflitto mondiale fondò un orfanotrofio con una scuola di artigianato. Il giornalista Matteo Incagliati lo definì benefattore dell’umanità, ricordando sul “Giornale d’Italia” del 14 settembre del 1922, gli orfani di guerra “tratti dalla via, e raccolti in un asilo, dove signoreggia lo spirito della solidarietà umana, non la pietà, non la carità”.

In una lettera pastorale dal titolo Dopo la vittoria l’arcivescovo affrontò anche il problema, a quei tempi assai diffuso sul territorio, dello sfruttamento femminile nel mondo del lavoro.
Pare – scrisse – che una condanna pesi ancora sulle donne dei nostri villaggi. Curve sotto inverosimili pesi, esse discendono alla valle per innumere moltiformi scale sconnesse, per sentieri rocciosi, levigati dai quotidiani sudori di doglia… La donna deve surrogare ancora la bestia da soma, dopo venti secoli di civiltà cristiana. Nei vostri album ho veduto una figura, che ritrae donne portanti al collo lunghi barili e una verga in mano e sotto la scritta: Costumi di Amalfi. O cari, per il comune decoro, strappate quella pagina, che ci condanna e ci infama, mostrando ai più lontani ammiratori delle nostre naturali bellezze quanto ancora siamo indietro nelle vie luminose della civiltà”.

Nel luglio del 1929, in occasione del venticinquesimo della sua consacrazione episcopale, l’archidiocesi gli fece dono di una Fiat 521. Ringraziando, rilevò che, come David non sapeva più camminare dopo indossata l’armatura del re”, egli si sarebbe sentito impacciato nei movimenti. E aggiunse “il grado di signorilità in cui mi pone l’elegante e sontuosa vettura, mi distacca troppo dagli umili e mi toglie dal contatto dei poveri, che è pure tanto bello per chi vive della vita del Vangelo”. Cedette, perciò, l’auto all’Orfanotrofio.

Anche negli anni difficili della seconda guerra mondiale si prodigò incessantemente in favore delle famiglie più indigenti, alle quali dava “tutto il suo e quanto gli passava per le mani”.

Il 3 ottobre del 1945, ormai ottantenne, rinunciò spontaneamente alla guida dell’archidiocesi per ritirarsi in un’Abbazia di Benedettini. In vista del commiato, il 22 agosto dello stesso anno il Consiglio Comunale di Amalfi gli aveva conferito la cittadinanza onoraria “riconoscimento e gratitudine assai impari di fronte alle alte benemerenze del nostro amato Presule”.

Mons. Marini fu scrittore dotto e forbito, ma soprattutto teologo insigne: “un precursore – così fu definito – della nuova stagione ecclesiale, inaugurata dal Vaticano II con la riforma liturgica e la riscoperta della centralità del mistero trinitario nell’economia della salvezza”.

Sigismondo Nastri

N.B.: Sulla nobile figura di Mons. Ercolano Marini la bibliografia è ricca e molto ben documentata: su tutte, va menzionata l’opera di Mons. Andrea Colavolpe, Quasi aquila nell’infinito. Ercolano Marini, l’Uomo, il Pastore, il Teologo, De Luca Editore, consultabile anche presso la Biblioteca del Centro.

(testi del Centro di Cultura e Storia Amalfitana – diritti riservati)

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